IL DOVERE

Introduzione

Gli innumerevoli mezzi che sono oggi a disposizione dell’uomo e che per l’ottenimento e l’utilizzo dei quali egli si dà incessantemente da fare, non erano a sua disposizione dal primo giorno della sua creazione. Tali mezzi sono gradualmente venuti ad esistere per effetto del suo continuo lavoro.
Dall’uomo primitivo sino a quello civilizzato dei nostri giorni, gli uomini non hanno mai cessato di darsi da fare e lavorare. Spinti da uno stimolo, da un istinto innato hanno continuamente cercato di procurasi mezzi e strumenti sempre migliori e avanzati per vivere.
In effetti, un essere umano la cui forza vitale si esaurisca e i cui organi interni ed esterni (quali l’occhio, l’orecchio, la bocca, le gambe, il cervello, i polmoni e il fegato) smettano di funzionare, altro non è che un cadavere. Perciò egli non lavora solamente perché vi è costretto, ma lo fa anche per il semplice fatto che è essere umano. Egli comprende insitamente che in qualsiasi modo sia deve conseguire la felicità e il benessere e ciò lo spinge a lavorare e a darsi da fare per realizzare le sue aspirazioni. È inoltre questo il motivo per il quale l’uomo, qualsiasi sia il suo ambiente e il suo metodo di vita (religioso o laico, legale o dispotico, cittadino o nomade), sente che ha una serie di doveri (azioni il cui compimento è necessario nella vita) la cui esecuzione realizza le sue reali aspirazioni umane, donandogli una vita piacevole, serena e felice.
Invero il valore di questi doveri, il cui corretto compimento costituisce la sola via per raggiungere la beatitudine, eguaglia quello dell’umanità, che è la piú pregiata cosa posseduta dall’uomo, dotata di valore inimmaginabile e incomparabile.
La “coscienza del dovere” e il suo compimento costituiscono pertanto i piú importanti problemi pratici che l’uomo, nel corso della sua vita, ha dinanzi a sé. Infatti, come abbiamo appena detto, l’importanza di tali problemi è pari a quella della propria umanità. Chi dunque si astiene dal compiere i suoi doveri o talvolta li trascura, perde la sua eminente posizione, la sua dignità di uomo: piú trascura i suoi doveri piú si allontana da tale sublime posizione. Ogni trasgressione che commette costituisce un nuovo danno arrecato alla società in cui vive e in realtà a sé stesso.
Dio l’Altissimo nel Corano afferma: “In verità gli uomini sono in perdita, eccetto coloro che han prestato fede, compiono le buone e degne azioni e si raccomandano l’un l’altro la verità e la pazienza”[1].
In un altro versetto dice poi: “In conseguenza dei turpi atti della gente apparve la corruzione in tutto il mondo”[2].

Divergenza di opinioni sul dovere

La conoscenza dei propri doveri e il loro adempimento costituiscono due certi e incontestabili obblighi per l’uomo. È infatti impossibile trovare un essere umano che neghi questa realtà.
Dal momento che esiste una stretta relazione tra i doveri dell’uomo e la sua vita e la sua beatitudine, e siccome la religione ha con i metodi non religiosi una divergenza di vedute riguardo alla vita dell’uomo, di conseguenza i doveri religiosi differiranno da quelli determinati dagli altri metodi.
Secondo la religione la vita dell’essere umano è illimitata, infinita e non termina con la morte. Essa afferma che i frutti delle corrette convinzioni, della integrità morale e delle buone azioni di questo nostro mondo costituiscono il patrimonio della vita ultraterrena. La religione dunque, nello stabilire i doveri dell’individuo e della società, ha tenuto conto anche della vita oltremondana dell’uomo. La religione stabilisce le sue norme per guidare l’uomo alla conoscenza di Dio, per dargli modo di adorarlo e servirlo correttamente. I chiari effetti di questa conoscenza, di questa adorazione e di questo servizio si manifesteranno dopo la morte, nel Giorno del Giudizio.
I metodi non religiosi invece, nel determinare i doveri degli uomini, considerano solamente l’effimera vita di questo mondo e stabiliscono cosí solo norme e leggi che permettano alla gente di usufruire meglio dei beni materiali, di godere meglio la vita materiale (aspetto comune tra l’uomo e il resto degli animali). In realtà, tali metodi dispongono per l’essere umano una vita animale, governata da una logica derivante da sentimenti e sensazioni propri delle bestie, degli erbivori, degli animali feroci, trascurando completamente il suo realismo e la sua vita eterna e ricolma di spiritualità. È questo il motivo per il quale le sublimi virtú umane scompaiono gradualmente dalle società non religiose e l’immoralità in esse si fa sempre piú chiara e manifesta. L’esperienza ce lo dimostra in modo certo e indubitabile.
Alcuni affermano che la religione si basa sull’imitazione, sull’acritica sottomissione a una serie di doveri e di norme definite, mentre i metodi sociali [non religiosi] sono moderni e conformabili alla logica del mondo contemporaneo. Coloro che affermano ciò non tengono conto del fatto che, in una società, le leggi devono essere eseguite senza tenere conto del fatto che la gente capisca o no le ragioni e le cause per le quali sono state varate. Non è mai accaduto che gli abitanti di un paese si siano sottomessi alle leggi in vigore in esso solo dopo aver discusso e dibattuto sulla loro efficacia, né si è mai verificato che un cittadino che non avesse compreso i motivi per i quali è stata varata una legge fosse stato esentato dall’osservarla. Ora, da questo punto di vista non v’è differenza tra il metodo religioso e quello non religioso.
È bene infine sapere che quanto abbiamo ora detto non esclude che, studiando le condizioni naturali e sociali di un paese ed esaminandone l’assetto generale, sia possibile comprendere alcune delle ragioni delle leggi fondamentali e di parte delle leggi secondarie (non tutte) di tale paese. Lo stesso discorso può essere fatto per le norme religiose: esaminando con realismo e attenzione la creazione, la natura e gli innati bisogni dell’uomo è possibile comprendere parte delle ragioni dei precetti fondamentali della religione e di alcune norme secondarie.
Il nobile Corano e molte tradizioni invitano l’uomo a ragionare e a meditare e riguardo ad alcuni precetti, accennano ai vantaggi fondamentali che ha la loro applicazione. Esistono poi molte tradizioni risalenti al sommo Profeta e ai nobili componenti della sua ahlubait relative alle cause e alle origini dei precetti.

La coscienza del dovere

Come abbiamo visto all’inizio del libro la sacra religione islamica è un programma di validità universale e perpetua, rivelato da Dio l’Altissimo al Sigillo dei Profeti per la vita terrena e ultraterrena dell’uomo. L’Islam deve pertanto essere applicato onde salvare l’umanità dall’ignoranza e dalla malasorte e condurla alla salvezza.
La religione, dal momento che costituisce il [completo e ideale] programma di vita dell’uomo, stabilisce un preciso dovere per ogni cosa che è in relazione con la sua vita e ne esige l’osservanza. In generale, la nostra vita è in relazione con:

  1. Dio l’Altissimo, di Cui siamo creature e al Quale dobbiamo ogni bene. La riconoscenza nei Suoi confronti è il principale dei nostri doveri.
  2. Noi stessi;
  3. i nostri simili, con i quali dobbiamo necessariamente dividere la nostra vita, i nostri sforzi e le nostre attività.

Su di noi incombono quindi tre fondamentali doveri: il dovere verso Dio, quello verso noi stessi e quello nei confronti degli altri esseri umani.

[1]Corano CIII: 2 e 3.
[2]Corano XXX: 41.