IL DOVERE DELL’UOMO VERSO SÉ STESSO

Introduzione

L’essere umano, qualunque metodo segua, qualsiasi sentiero percorra, in realtà non desidera che la propria felicità, il proprio successo. Dal momento che la conoscenza della felicità e della beatitudine di una creatura è subordinata alla conoscenza della creatura stessa, deduciamo che per conoscere la propria felicità è necessario prima conoscere sé stessi. Fino a quando non conosceremo noi stessi, non potremo conoscere i nostri reali bisogni, nella soddisfazione dei quali risiede la nostra la nostra beatitudine.
La conoscenza di sé è dunque il dovere piú impellente dell’uomo; solo conoscendo sé stesso egli comprenderà in che cosa consiste realmente la propria beatitudine, la propria felicità e potrà cosí, servendosi dei mezzi che ha a disposizione, soddisfare le sue reali esigenze ed evitare di sprecare la propria vita, bene prezioso e irripetibile.
Il sommo Profeta dice: “Colui che conosce sé stesso ha conosciuto il suo Signore”.
Alí, il Principe dei Credenti, dice: “Colui che conosce sé stesso giunge al piú alto grado di conoscenza”.
Dopo aver conosciuto sé stesso, l’uomo si accorge che il suo piú grande dovere consiste nel rispettare profondamente e non offendere la luminosa essenza della propria umanità e nello sforzarsi di curare la propria purità interiore e pulizia esteriore. In tal modo egli potrà avere una soave e piacevole vita eterna.
L’imam Alí dice: “Chi rispetta sé stesso giudica le passioni come cose vili e insignificanti”.
L’essere umano è composto dallo spirito e dal corpo. Avere cura e vigilare sulla buona salute di entrambi è parte integrante dei suoi doveri. Ogni Musulmano è tenuto a osservare le norme che l’Islam ha fissato riguardo alla purità dello spirito e del corpo.

La purità del corpo

È necessario evitare le cose dannose
La sacra religione islamica, attraverso una serie di norme pratiche, ha indicato chiaramente all’uomo che cosa deve fare se vuole mantenere sano il proprio corpo. Alcune di queste norme (che qui non è possibile menzionare in modo dettagliato) vietano all’uomo le cose dannose, quali bere sangue, mangiare la carne degli animali morti senza essere macellati secondo il rito islamico, mangiare la carne di certi animali, consumare cibi velenosi, bere alcolici, ingerire acque impure, mangiare all’eccesso e recare qualsiasi danno al corpo.

Il mantenimento della pulizia
La pulizia è uno dei piú importanti princípi dell’igiene. È per questo motivo che la sacra religione islamica ha dato a essa una grande importanza. Si può dire che tra tutte le religioni l’Islam è quella che ha dato maggiore importanza a tale argomento.
Il sommo Profeta ha detto: “La pulizia è parte della fede”. Questa frase è il piú grande elogio della pulizia.
Riguardo alla lavanda dell’intero corpo ci sono giunte numerose raccomandazioni dai nobili Imam. Il settimo Imam, a tal proposito, dice: “Fare un bagno un giorno sí e un giorno no, rende il corpo carnoso e robusto”.
Dice poi l’imam Alí: “Il bagno è un amato locale, in quanto in esso è possibile eliminare le impurità del corpo”.
L’Islam oltre a prescrivere in forma generale l’igiene lo fa anche in modo particolare, raccomandando ad esempio di tagliarsi le unghie delle mani e dei piedi, depilare i peli superflui del corpo, lavarsi le mani prima e dopo i pasti, pettinarsi i capelli, risciacquarsi la bocca, aspirare acqua col naso, pulire la casa, mantenere pulito davanti alla propria casa, vigilare la pulizia delle strade, pulire sotto gli alberi eccetera eccetera.
L’Islam ha prescritto degli atti di adorazione che devono essere eseguiti in istato di costante purità. Ad esempio, per le preghiere quotidiane è necessario purificare il corpo e i vestiti dalle impurità, eseguire l’abluzione [il wudú] un certo numero di volte al giorno ed effettuare, quando è necessario, la lavanda[1] [il gusl]. Ora, considerando il fatto che la superficie della cute da lavare durante l’abluzione o la lavanda deve essere completamente raggiunta dall’acqua e, di conseguenza, non ricoperta da grasso e da sporcizia, si capisce come la pulizia del corpo sia stata, in questi casi, implicitamente richiesta dall’Islam.

La pulizia degli abiti
La benedetta Sura Almuddassir è una delle sure rivelate al sommo Profeta all’inizio della sua missione. Nel quarto versetto di questa sura Dio impartisce al Suo inviato questo ordine: “Purifica le tue vesti”[2].
La purità degli abiti, nel particolare significato che assume nella giurisprudenza islamica, è necessaria durante la preghiera. È tuttavia meritorio mantenerli puliti dalle impurità e dalle sporcizie in qualsiasi stato. Il Profeta e ciascuno degli infallibili Imam hanno lasciato qualche raccomandazione in proposito.
Il sommo Profeta disse: “Bisogna curare la pulizia degli abiti che si indossano”.
Alí, il Principe dei Credenti, disse: “Lavare gli abiti elimina l’angoscia e la tristezza e fa sí che la preghiera venga accettata da Dio”.
Si tramanda che l’imam Assàdig e l’imam Alkàdim abbiano detto: “Avere dieci o venti camice, portarle e cambiarle non è uno spreco”.
Oltre alla pulizia del corpo e degli indumenti, il Musulmano deve anche vestire in modo elegante e presentarsi alla gente sotto le migliori apparenze. Il nobile Alí disse: “Indossa abiti pregiati e cura la tua immagine, ché Dio è bello e ama la bellezza; bisogna però in ogni caso rimanere nel lecito”. Proseguí poi recitando il seguente versetto coranico: “Di’: ‘Chi ha proibito gli ornamenti che Dio ha creato per i Suoi servi?’”[3].

Sciacquare la bocca e spazzolare i denti
Quando si mangia, piccole parti di cibo si infiltrano tra i denti o si fissano sulla lingua e all’interno del cavo orale. In conseguenza di ciò la bocca diviene contaminata e assume un cattivo odore. Talvolta succede perfino che a causa di certe fermentazioni, di determinate reazioni chimiche che avvengono nei piccoli residui di cibo, vengano a prodursi sostanze tossiche che mescolandosi col cibo si introducono nello stomaco. Inoltre, il respiro di una persona il cui cavo orale presenta simili problemi vizia l’aria e, in tal modo, disturba le persone che gli si trovano vicino.
È per questo che la sacra legislazione islamica ha prescritto che ogni giorno (soprattutto prima delle abluzioni) i Musulmani si spazzolino i denti, si sciacquino la bocca con dell’acqua pulita e la puliscano da ogni genere di sporcizia. A tal proposito il sommo Profeta disse: “Se ciò non fosse stato un onere eccessivo per la mia comunità avrei fatto dello spazzolarsi i denti un obbligo”.
Disse altresí: “[L’arcangelo] Gabriele raccomandava sempre di spazzolarsi i denti; pensai persino che questo atto sarebbe divenuto obbligatorio”.

Il risciacquo delle fosse nasali
L’atmosfera dei luoghi nei quali risiede l’uomo è per lo piú polverosa e malsana ed è ovvio che respirare in una tale atmosfera danneggia l’apparato respiratorio. Per prevenire questa possibilità Dio, il Misericordioso, ha fatto crescere dei peli all’interno del naso che impediscono alla polvere di raggiungere i polmoni. Succede, comunque, che il pulviscolo, accumulatosi nel naso, impedisca a questi peli di funzionare come dovrebbero.
È per questa ragione che la sacra legislazione islamica ordina ai Musulmani di risciacquare le fosse nasali diverse volte al giorno (prima delle abluzioni) preservando in tal modo la buona salute del proprio apparato respiratorio.

La purità spirituale

La purificazione del carattere
L’uomo comprende attraverso la sua innata coscienza il valore delle virtú e la loro importanza dal punto di vista individuale e sociale. È per questo motivo che nella società umana non si trova nessuno che non consideri le virtú degne di lode e che non giudichi la persona che possiede un carattere integro degna di rispetto.
Non v’è quindi alcun bisogno di discutere sull’importanza che l’uomo dà alle virtú. I numerosi precetti dell’Islam relativi all’etica sono poi chiari ed evidenti per tutti.
Dice Dio l’Altissimo: “Per l’anima, per Colui che l’ha creata e poi le ha fatto comprendere il bene e il male, si salva chi la purifica dal male e fallisce chi la lorda”[4].
Commentando quest’ultimo versetto, l’imam Assàdig disse: “Dio ha chiaramente rivelato all’uomo ciò che è bene e che si deve compiere e ciò che è male e che si deve evitare di compiere”.

L’apprendimento del sapere
Essere colti è una delle qualità spirituali positive. L’eccellenza e la superiorità dell’uomo colto sull’ignorante è assai evidente.
Ciò che distingue l’essere umano dagli altri animali è la sua intelligenza e il suo sapere. Gli altri animali possiedono per natura degli istinti che provvedono automaticamente a soddisfare le loro necessità. Il progresso non ha alcun senso nella vita degli animali: essi sono incapaci di scoprire nuove vie per migliorare e rinnovare la propria vita e quella dei propri simili.
L’uomo è il solo essere che grazie alla propria intelligenza arricchisce senza posa il suo sapere e scoprendo ogni giorno nuove leggi naturali e metafisiche valorizza e perfeziona la sua vita materiale e spirituale. Egli è il solo che è in grado di valutare le epoche passate e progettare il suo futuro e quello degli altri.
Tra i diversi sistemi sociali (nuovi o antichi) tra le differenti religioni, l’Islam è quella che ha incoraggiato ed esortato maggiormente gli uomini a istruirsi. Allo scopo di poter fondare una salda cultura l’Islam ha preteso che tutti i Musulmani, uomini e donne, si istruissero. Esistono a riguardo numerose tradizioni risalenti al nobile Profeta e agli infallibili Imam.
Il sommo Profeta disse: “L’apprendimento del sapere è obbligatorio per ogni Musulmano”. La parola “sapere” in questa tradizione ha un senso assoluto e comprende tutti i rami della scienza. La tradizione si rivolge inoltre alla totalità dei Musulmani, senza fare alcuna eccezione. Concludiamo perciò che nell’Islam l’obbligo di istruirsi non si limita a una particolare classe di persone e nemmeno a un determinato sesso, è bensí un dovere generale.
Il Profeta disse altresí: “Nell’apprendimento del sapere adoperatevi dalla culla alla tomba”. I doveri religiosi incombono soltanto ai Musulmani puberi o maggiorenni[5] . Nel periodo della vecchiaia e della debolezza si viene poi esentati da alcuni obblighi religiosi. L’apprendimento del sapere è però obbligatorio in tutte le fasi della vita umana.
Il Musulmano è perciò tenuto costantemente a istruirsi e ad approfondire le proprie conoscenze; egli deve, in altre parole, ubbidire alla tradizione poc’anzi citata che considera l’istruzione come un dovere che incombe sul Musulmano vita natural durante.
In una [famosa] tradizione il sommo Profeta dice: “Andate alla ricerca del sapere quand’anche questo si trovasse in Cina”. In un’altra tradizione afferma: “Il sapere è la piú cara cosa persa dal credente ed egli, pur di ritrovarlo, sarebbe disposto anche a recarsi in Cina (nei piú lontani posti del mondo)”. Secondo questo comandamento ricercare il sapere è un obbligo per ogni Musulmano, anche a costo di intraprendere lunghi viaggi. Egli deve insomma ritrovare a ogni costo ciò che ha perduto.
In un’altra tradizione il sommo profeta Muhammad dice: “Il sapere è il bene perduto del credente; egli lo raccoglie ovunque lo trovi”. Questa tradizione ci insegna che l’unica condizione nell’apprendimento del sapere è che esso sia giusto ed utile alla società.
In numerose occasioni l’Islam raccomanda ai suoi fedeli di scoprire i segreti della creazione, di meditare riguardo ai cieli, alla terra, alla natura umana, di studiare la storia delle nazioni e le opere (di filosofia, di scienze matematiche, scienze naturali eccetera eccetera) degli antichi.
La religione islamica esorta altresí i suoi seguaci a istruirsi sui problemi di etica e di giurisprudenza islamica e ad apprendere le arti e i mestieri che facilitano e migliorano la vita umana.
L’importanza che il nobile profeta dell’Islam attribuiva alla scienza e al sapere era cosí grande, che durante la battaglia di Badr, quando un gruppo di miscredenti fu fatto prigioniero dai Musulmani, egli annunciò che tutti i prigionieri sarebbero stati liberati dietro pagamento di un ingente riscatto. Furono esentati dal pagamento in questione soltanto quelli che sapevano leggere e scrivere. Fu loro promessa la libertà a condizione che ciascuno di loro insegnasse a leggere e a scrivere a dieci giovani musulmani.
Era la prima volta nella storia che veniva creata una scuola per adulti e i Musulmani il grande onore di passare alla storia per questa straordinaria iniziativa del Profeta. È poi interessante sottolineare come, nella storia dell’umanità, egli sia stata la sola persona a considerare l’istruzione come bottino di guerra; mai infatti si era verificato che il capo di un esercito vincitore accettasse in guisa di bottino e riscatto dei corsi di alfabetizzazione.
Il sommo Profeta visitava personalmente queste classi; portava con sé persone che sapevano leggere e scrivere e ordinava loro di esaminare gli allievi e valutare in tal modo i loro progressi. Nel corso di queste visite incoraggiava i piú studiosi.
Uno storiografo riporta pure che una donna di nome Aššifà, che aveva imparato a leggere e a scrivere nell’epoca preislamica, si recava a casa del Profeta e insegnava alle sue mogli a leggere e a scrivere. Ella veniva, per questo suo gesto, stimata ed esortata dal Messaggero di Dio.

L’importanza dello studente nell’Islam
L’importanza dello sforzo che viene compiuto per il raggiungimento di un qualsiasi obiettivo equivale a quella dell’obiettivo stesso. Ora, siccome ogni uomo considera insitamente l’importanza del sapere superiore a quella di qualsiasi altro valore umano, il valore dello studente sarà per lui il piú alto dei valori umani. Considerando invece che l’Islam è una religione conforme a tutto ciò che di insito esiste nell’uomo, non sarà difficile comprendere che anch’essa dà allo studente il piú alto dei valori.
A tal proposito il Profeta disse: “Colui che è impegnato nell’apprendimento del sapere è amato da Dio”.
La gihàd è uno dei pilastri della religione islamica; se il Profeta o uno qualsiasi degli Imam dà l’ordine di guerra, tutti i Musulmani debbono parteciparvi salvo gli studenti di scienze islamiche che sono esentati da tale obbligo. È necessario infatti che esista sempre un numero sufficiente di Musulmani impegnati a istruirsi nei centri religiosi. A tal proposito Dio l’Altissimo dice: “I Musulmani non devono recarsi alla gihad tutti assieme, bensí da ogni tribú un gruppo di persone deve recarsi nei centri religiosi, imparare le verità della religione islamica e, dopo aver fatto ritorno in patria, farle conoscere alla propria gente”[6].

L’importanza dell’insegnante
L’insegnante è quella fulgente e calda fiamma che si alimenta alla luce della virtú per eliminare dalla faccia della terra l’ignoranza e l’analfabetismo. È grazie a lui che gli stolti diventano perspicaci e gli ignoranti dotti e sapienti, è lui che, con la fulgente fiaccola della sua scienza e del suo sapere, li guida verso la sacra valle della perfezione umana, verso il paradiso della beatitudine.
È per questo che la religione islamica prescrive ai suoi seguaci di rispettare l’insegnante e di eseguire le sue istruzioni; questa sacra religione lo considera come il piú sacro ed eccellente individuo della società. A proposito del suo grande prestigio basti ricordare questa frase dell’imam Alí: “Chi mi insegna una cosa mi rende suo schiavo”. Questa saggia affermazione in onore dell’insegnante è assai importante e pregevole.
Questo nobile imam disse altresí: “Le persone si dividono in tre differenti gruppi: per primi, i sapienti divini, quindi coloro che si dedicano all’apprendimento del sapere per la propria salvezza e quella degli altri, infine, da ultimi, le persone prive di scienza e di intelligenza. Questi ultimi assomigliano alle mosche che si posano sul capo e sul viso dei quadrupedi e che con lo spirare del vento vanno di qua e di là (oppure alle mosche che si dirigono ovunque sentano odore di sporcizia)”.

La glorificazione dei sapienti
Riguardo al valore del sapere e all’eminenza dei sapienti, il nobile Corano dice: “Dio ha innalzato ad alti gradi coloro che hanno prestato fede e coloro ai quali è stata data la sapienza”[7].
Per la Guida dell’Islam il valore dei sapienti era talmente grande che giunse persino a dire: “La morte di tutti i componenti di una tribú è meno dolorosa e meno dannosa della morte di un sapiente”.
Nel Corano Dio l’Altissimo dice: “Sono forse eguali i sapienti e gli ignoranti? In verità, solo coloro che sono dotati di ragione seguono i buoni consigli”[8].
Certo, il sapiente e l’ignorante non sono uguali, non possono essere messi sullo stesso piano; il sapiente ha infatti un’insita superiorità su chiunque sia privo di sapienza. Il versetto sopraccitato ci insegna altresí che la conoscenza non si limita al solo sapere religioso ma comprende tutto ciò che illumina l’uomo e lo guida alla soluzione dei suoi problemi materiali e spirituali.
A proposito della superiorità del sapiente sull’àbid[9] , si narra che l’imam Albàghir abbia detto: “Il sapiente che metta in pratica la sua sapienza è meglio di settantamila àbid”.
Secondo la Guida dell’Islam il valore di ogni persona è determinato dal livello delle sue conoscenze. Dice il sommo Profeta: “La piú sapiente delle persone è colui che utilizzando sempre l’altrui sapere aumenta le sue conoscenze. Il valore dell’uomo è determinato dal livello delle sue conoscenze: chi piú sa piú vale e chi meno sa minore è il suo valore”.

Due importanti capolavori dell’Islam
In tutti i regimi sociali esistono una serie di segreti la cui divulgazione danneggerebbe coloro che sono al potere, impedendo loro di soddisfare le loro personali ambizioni. È questo il motivo per il quale essi nascondono continuamente alla gente una serie di verità.
Molte delle leggi vigenti nelle società dominate da tali individui sono il frutto delle loro arbitrarie decisioni e poiché tali leggi sono contrarie al sano intelletto e agli interessi della società e dei suoi individui, essi temono di essere scoperti e di venire di conseguenza investiti da un mare di proteste, perdendo in tal modo i loro interessi.
È per questo motivo che la Chiesa Cristiana e i centri spirituali delle altre religioni non danno alla gente libertà di pensiero e considerano il diritto di interpretare e spiegare le conoscenze religiose e il contenuto dei testi religiosi una loro assoluta prerogativa. Gli uomini dovrebbero pertanto accettare tutto ciò che gli esponenti di tali centri religiosi dicono, senza avere alcuna possibilità di discutere o studiare liberamente le varie questioni. Questo monopolio e questo metodo autoritario hanno screditato molti dei metodi religiosi. Ciò è confermato in modo esemplare dall’attuale metodo del Cristianesimo.
Contrariamente a tutti gli altri metodi religiosi e non, l’Islam, siccome è sicuro della propria verità e non vede in sé nessuna ambiguità, nessuna contraddizione:

  1. non cela alcuna verità e non permette ai suoi fedeli di farlo; le leggi di questa pura religione sono state stabilite in modo da essere conformi alla legge della creazione e perciò nessuna di esse può essere smentita dalla verità. L’Islam considera l’occultamento delle verità come uno dei peccati maggiori. Dio l’Altissimo ha maledetto nel Corano coloro che occultano la verità[10].
  2. Prescrive ai suoi fedeli di meditare liberamente sulle verità e sulle questioni scientifiche e di fermarsi ovunque si manifesti in loro il benché minimo dubbio, affinché la loro luminosa fede rimanga al sicuro dai danni provocati dalle tenebre del dubbio. Se poi accade loro di dubitare, devono, in tutta coscienza e con l’unico obiettivo di raggiungere la verità, cercare liberamente di dissiparlo. Dice Dio l’Altissimo: “Non seguire ciò che non conosci”[11].

Casi in cui bisogna astenersi dalla libera meditazione e dal palesare la verità
La comprensione delle verità e la accettazione costituiscono i piú preziosi prodotti dello spirito umano, le uniche cose che distinguono l’uomo dal resto degli animali, il fondamento del suo onore e della sua dignità. La filantropia e l’innato realismo dell’uomo non permetteranno mai che egli venga privato della sua legittima libertà di pensiero e venga costretto a seguire pedissequamente le altrui idee; non acconsentiranno neppure che, con l’occultamento delle verità, la sua mente venga traviata e, di conseguenza, i suoi divini pensieri siano distrutti.
Bisogna tuttavia tenere presente che quando si ha a che fare con persone che non hanno le capacità necessarie per comprendere determinate verità o che sono cosí testarde e dispettose che non esiste alcuna speranza di far valere la verità e che la sua manifestazione finirebbe inoltre per provocare un danno economico, fisico o morale a chi l’ha palesata, la nostra filantropia e il nostro insito realismo danno un giudizio opposto a quello poc’anzi citato e, al fine di santificare e rispettare la verità e di proteggere l’uomo dal traviamento e da eventuali danni economici, fisici e morali, ci ordinano di occultare la verità.
Dio l’Eccelso, in due diversi punti del Corano, ha considerato, in caso di taghiyyah, lecito l’occultamento della verità[12].
Inoltre molte tradizioni risalenti ai nobili Imam vietano rigorosamente all’uomo di meditare su verità che oltrepassano la comprensione umana.
Riassumiamo quindi quanto abbiamo sopra detto dicendo che nell’Islam è necessario:

  1. occultare la verità nei casi in cui si fa taghiyyah; ad essa bisogna ricorrere solo quando non v’è piú alcuna speranza di far valere la verità e si teme inoltre di mettere a repentaglio i propri averi, la propria vita o il proprio onore palesandola;
  2. non esporre la verità nei casi in cui si ha a che fare con chi non è in grado di comprenderla e che a sentirla rimarrebbe traviato oppure sarebbe la verità a rimanere schernita e spregiata;
  3. astenersi dalla libera meditazione nei casi in cui questa (per mancanza delle capacità necessarie per comprendere determinate verità) finisce per deformare la verità e diviene in tal modo causa di traviamento.
[1]Lo stato di purità restituito dalla lavanda è richiesto anche durante il digiuno.
[2]Corano LXXIV: 4.
[3]Corano VII: 32.
[4]Corano XCI: 7, 8, 9 e 10.
[5]Conformemente al responso della maggior parte dei mujtahid le femmine diventano maggiorenni dopo aver completato il nono anno (lunare) di vita, mentre i maschi dopo il quindicesimo.
[6]Corano IX: 122.
[7]Corano LVIII: 11.
[8]Corano XXXIX: 9.
[9]Colui che si dedica solo all’adorazione di Dio.
[10]Corano II: 159.
[11]Corano XVII: 36.
[12]Corano: s. III v. 28, s. XVI v. 106.