L’uomo che, volente o nolente, vive in società deve necessariamente
entrare in relazione con la gente. D’altra parte, non v’è
dubbio le relazioni sociali gli permettono di preservare la propria posizione
sociale, di avanzare ogni giorno, sia dal punto di vista materiale che da quello
spirituale, e di risolvere in modo migliore e piú semplice i problemi
della sua vita.
Occorre pertanto comportarsi con la gente in modo tale da essere amati, da aumentare,
giorno dopo giorno, il proprio prestigio e il numero dei propri amici.
In effetti, se gli individui della società, avendo a che fare con una
persona, dovessero trovarla pesante e scontrosa, nei loro cuori nascerebbe tristezza
e risentimento; di conseguenza, finirebbero per evitarlo, odiarlo e detestarlo
ed essa sarebbe costretta a vivere tra la sua gente in istato di emarginazione
e passare i giorni della sua vita nella sua patria come un perfetto straniero.
Una tale condizione costituisce uno dei piú amari e spiacevoli tipi di
infelicità umana.
È per questo motivo che la sacra religione islamica ha raccomandato ai
suoi fedeli di essere socievoli e ha messo a loro disposizione le migliori norme
a tal proposito. Una di queste norme riguarda il saluto quando ci si incontra;
l’Islam considera superiore chi saluta per primo. Il sommo Profeta precedeva
tutti nel salutare. Egli salutava persino le donne e i bambini e se qualcuno
lo salutava rispondeva con un saluto migliore. Dice Dio l’Eccelso: “Quando
venite salutati rispondete con un saluto migliore o [per lo meno] rispondete
nello stesso modo”[1].
La religione islamica ordina inoltre di assumere un atteggiamento umile e dimesso
con la gente e di rispettare ognuno in proporzione alla sua condizione sociale.
Il Corano afferma: “I degni servi del Misericordioso sono quelli
che si comportano con umiltà e modestia con la gente”[2].
Bisogna però ricordare che umiltà non significa avvilirsi davanti
agli altri, ledendo cosí la propria dignità umana, significa bensí
non vantarsi davanti alla gente dei propri meriti e vanti, non comportarsi da
spacconi e non disprezzare e umiliare la gente. Allo stesso modo, rispettare
la gente non significa adularla, vuol dire bensí stimare ciascuno in
proporzione ai suoi meriti religiosi e sociali: le persone eminenti devono essere
rispettate in proporzione alla loro eminenza e le altre considerando la loro
umanità.
Aggiungiamo inoltre che rispettare e onorare la gente non significa tacere dinanzi
a ogni atto indegno che si vede; non significa ad esempio partecipare a una
festa in cui tutti si comportano in modo indecoroso o compiono azioni proibite
dalle norme islamiche solo per compiacere gli altri. Le persone si rispettano
infatti per la loro dignità umana, i loro meriti religiosi, le loro virtú,
non per la loro statura, per il loro aspetto esteriore. Cosí quando qualcuno
perde la propria dignità umana e non possiede alcun merito religioso,
non v’è piú alcun motivo per stimarlo e rispettarlo. Il
sommo Profeta disse: “Non si deve disubbidire a Dio per ubbidire
agli altri”.
Benché l’uomo abbia relazioni con un gran numero di persone nel
corso della sua esistenza, il tipo di vita che conduce lo porta ad avere maggiori
rapporti con alcune di esse: tali persone vengono solitamente chiamate “amici”.
Invero, l’amicizia trae origine da una sorta di somiglianza nel carattere,
nella condotta, nella professione o in altri aspetti della vita della vita di
due o piú persone. L’amicizia provoca inoltre il graduale trasferimento
delle abitudini e del carattere ed è perciò necessario cercare
di fare amicizia con i probi, in modo da assumere il loro integro carattere,
trarre profitto dalla loro sincera amicizia, trovare conforto nella loro fedeltà
e aumentare il proprio prestigio.
L’imam Alí disse: “Il migliore amico è colui
che ti induce a operare rettamente”. Disse altresí: “L’uomo
viene valutato in base alle sue amicizie”.
Dice infine il Poeta: “Tu prima dimmi chi frequenti, affinché
io ti dica chi sei. Lo stesso valor degli amici tuoi, è il prezzo e il
valor dell’esistenza tua”.
Frequentare cattive compagnie ha per conseguenza ogni sorta di sfortuna e infelicità.
Per provarlo basta domandare ai criminali e ai malfattori la causa della loro
perversione. Senza dubbio essi risponderanno che la frequentazione di cattive
compagnie è all’origine delle loro disgrazie. Tra migliaia di delinquenti
e traviati non ne esiste uno che abbia scelto da solo la via del male e della
corruzione.
Il Principe dei Credenti dice: “Non frequentare cattive compagnie,
poiché il cattivo amico ti fa diventare simile a sé; egli, infatti,
finché non ti rende simile a sé non ti diventa amico”.
Dice altresí: “Non fare amicizia con il dissoluto poiché
egli è capace di venderti per un nonnulla”.
Dice il Poeta: “Dai malvagi alla larga devi stare, se alfin brutta
fine non vuoi fare. Sapp’infatti ch’è cosí l’umana
anima, coll’amico ognor divien una sol’anima”.
Le espressioni “molestare” e “fare una cattiveria”
hanno un significato prossimo tra di loro: “molestare” significa
infastidire, far soffrire gli altri con le parole o con gli atti, mentre “fare
una cattiveria” vuol dire compiere un’azione che danneggia il prossimo.
Comunque sia, la molestia e la cattiveria impediscono all’uomo di realizzare
il desiderio per il raggiungimento del quale ha costituito la società:
condurre una vita serena e tranquilla.
È questo il motivo per cui la legge islamica vieta la molestia e la cattiveria.
Dice Dio l’Eccelso: “Coloro che molestano ingiustamente
i credenti e le credenti si addossano la responsabilità di una calunnia
e di un peccato palese”[3].
Il sommo Profeta disse: “Colui che molesta un Musulmano molesta
me e molestare me significa molestare Dio. Una tale persona viene maledetta
nella Torà, nel Vangelo e nel Corano”. Disse altresí:
“Colui che getta uno sguardo torvo su di un Musulmano e lo spaventa,
sarà intimorito dal suo Signore nel Giorno del Giudizio”.