Le persone comunicano tra di loro attraverso la parola e questo comunicare costituisce la base sociale dell’umanità. La sincerità, che svela all’uomo le verità nascoste, è uno dei valori indispensabili per la società; essa permette di ottenere cose delle quali la società non può assolutamente fare a meno. Si possono riassumere come segue i vantaggi della sincerità:
L’imam Alí disse: “Il vero Musulmano è colui
che preferisca la verità, quand’anche questa sia a suo sfavore,
alla menzogna dalla quale può trarre profitto e tale scelta gli doni
tranquillità interiore”.
Quanto è stato finora detto pone chiaramente in rilievo i danni della
menzogna. Il bugiardo è il cattivo nemico della società umana;
egli mentendo commette un grande crimine e rovina la società. La menzogna
può infatti essere paragonata a una sostanza stupefacente che annienta
le capacità intellettive e cela la verità o a una bevanda alcolica
che inebria e impedisce all’intelletto di discernere il bene dal male.
È per questo motivo che l’Islam considera la menzogna come uno
dei peccati maggiori e il bugiardo come privo di individualità religiosa.
Il sommo Profeta disse: “Tre tipi di persone, quand’anche
preghino e digiunino, sono ipocriti: coloro che mentono, coloro che non tengono
fede alle promesse e coloro che tradiscono la fiducia di chi ha lasciato qualcosa
in deposito presso di loro”. Alí, il Principe dei Credenti,
disse: “L’uomo gusta il piacere della fede allorché
smette di mentire e non dice bugie neanche per scherzo”.
Non è solo la legge religiosa a considerare la menzogna un peccato, una
cattiva azione, tale giudizio è confermato anche dall’intelletto.
La diffusione di questo grande peccato nella società distrugge, nel piú
breve tempo, la fiducia, che costituisce l’unico legame sociale della
gente; di conseguenza, gli individui diventano estremamente diffidenti, perdono
la loro serenità e, in realtà, vivono in istato di isolamento,
anche se all’apparenza sembrano vivere in società.
L’essere umano, durante la sua vita, è costantemente in rapporto
con la materia esterna. Con le attività che svolge e le trasformazioni
che esegue sulla materia si mantiene in vita e realizza i suoi desideri. Questo
essere, che svolge le sue attività servendosi dell’intelletto e
della volontà, ha fondato la sua complessa vita sulla conoscenza: egli,
con il pensiero, elabora direttamente e ordina costantemente le cognizioni che
possiede e, in base a esse, compie le proprie attività esterne.
È dunque indispensabile che l’uomo disponga di informazioni corrette.
Se il flusso di informazioni esatte che egli riceve dall’esterno dovesse
interrompersi la sua vita cadrebbe in scompiglio. Ciò chiarisce che la
menzogna è un grande pericolo per la vita sociale e che il bugiardo è
una persona vile, priva di personalità e nemica della società.
La sua parola non gode di alcun credito presso la gente ed egli è maledetto
da Dio.
Parlare male degli altri, biasimarli, se corrisponde a verità e avviene
in loro assenza è “maldicenza”, in caso contrario è
“calunnia”.
Dio (ad eccezione dei Profeti e degli Imam) non ha creato gli esseri umani infallibili;
nessuno di noi, a causa dei difetti che ha, è al riparo dall’errore
e dal peccato. Gli uomini vivono dietro il velo che Dio l’Eccelso, con
la Sua infinita saggezza, ha dispiegato sulle loro azioni. Se solo per un istante
questo divino velo venisse tolto da sopra i loro difetti, tutti si detesterebbero
e si respingerebbero e le basi della vita sociale andrebbero in rovina.
Affinché gli uomini siano protetti gli uni dagli altri quando si volgono
le spalle, affinché l’ambiente in cui vivono appaia bello (di modo
che questa stessa bellezza esteriore possa gradualmente correggere la loro bruttezza
e abiezione interiore), Dio ha proibito la maldicenza: “Non sparlatevi
alle spalle, in quanto sparlare alle spalle del proprio fratello musulmano è
come dilaniare il suo cadavere (che è inconsapevole) e cibarsi della
sua carne”[1].
La calunnia è un peccato assai piú grave della maldicenza e la
ragione umana comprende perfettamente quanto sia grave. Dio l’Eccelso
dice: “Coloro che calunniano non hanno fede”[2].
L’Islam considera l’adulterio come uno dei peccati maggiori e,
a seconda dei casi, prevede punizioni assai severe (quali la flagellazione,
l’esecuzione capitale e la lapidazione) per punire chi lo commette.
Se si lasciasse via libera al compimento di questo turpe atto il fondamento
della parentela, alla quale l’Islam annette una grande importanza, diverrebbe
vacillante e l’esecuzione dei precetti riguardanti l’eredità
e di quelli simili a essi cadrebbe in serio pericolo. Inoltre, l’amore
paterno, l’amore materno e quello filiale perderebbero la loro efficacia
e il naturale effetto della riproduzione, che costituisce la reale garanzia
della sopravvivenza del genere umano, si esaurirebbe.
Un altro caso d’ingiustizia condannato dalla sacra legislazione islamica
è uccisione volontaria di una persona innocente.
L’omicidio è uno dei peccati maggiori. Dio l’Altissimo, nel
Corano, considera l’assassinio di una persona pari a quello di tutti gli
uomini.
In effetti, chi uccide un essere umano, attenta all’umanità e sotto
questo aspetto uccidere un uomo è lo stesso che ucciderne mille.
Nella sacra legislazione islamica vi sono dei casi di ingiustizia e di abuso
che sono stati vietati in modo severissimo. Uno di essi è l’usurpazione
dei beni dell’orfano. L’Islam annovera tale atto tra i peccati maggiori.
Il generoso Corano dice espressamente che chi usurpa i beni dell’orfano
si nutre in realtà del fuoco [dell’Inferno] e verrà ben
presto introdotto nelle [sue] fiamme.
Le tradizioni risalenti agli Imam ci insegnano che la causa di tutti questi
severi ammonimenti è il particolare stato di debolezza dell’orfano;
infatti, se un adulto subisce un’ingiustizia può reagire e difendere
i suoi diritti, mentre un bambino orfano non è in grado di fare altrettanto.
L’Islam considera il disperare della misericordia divina come uno dei
piú pericolosi peccati.
Dice Signore Misericordioso: “O Miei servi che avete fatto ingiustizia
a voi stessi, non disperate della misericordia e del perdono di Dio. In verità,
Dio perdona tutti i peccati, ché Egli è Colui che perdona, il
Misericordioso”[3].
In un altro versetto coranico colui che dispera della misericordia divina è
considerato miscredente. In effetti, quando qualcuno perde la speranza nella
misericordia e nel perdono di Dio, non ha piú alcun incentivo interiore
che lo spinga a compiere buone azioni o ad astenersi dai peccati; infatti il
principale stimolo che spinge l’uomo a compiere il bene e che lo trattiene
dal compiere il male è la speranza di ricevere la misericordia di Dio
e quella di ottenere la liberazione dal Suo castigo, che in un tal individuo
non esistono, come non esistono del resto nemmeno nel miscredente. È
quindi per questa affinità di stati d’animo e di qualità
interiori che colui che dispera della misericordia e del perdono del Signore
viene considerato miscredente.
Prendere una “rishwah” consiste nel riscuotere una somma di denaro
(oppure un regalo) per pronunciare una sentenza o per eseguire un lavoro che
costituisce un dovere per chi prende il denaro (o il regalo).
L’Islam considera questo atto come un peccato maggiore. Il Corano e le
tradizioni risalenti al Profeta e agli Imam, affermano espressamente che coloro
che si macchiano di questo grave peccato perdono la loro equità e si
rendono meritevoli del castigo divino.
Il sommo Profeta ha maledetto sia colui che dà la rishwah, sia colui
che la prende, sia colui che fa da intermediario. Il sesto Imam dice: “Prendere
una rishwah per pronunciare un verdetto in giudizio equivale a negare Dio”.
Per concludere è bene far notare che tutto ciò si riferisce alla
rishwah presa per pronunciare un verdetto giusto o per eseguire un’azione
lecita. Cosí, prendere una rishwah per pronunciare un verdetto ingiusto
o compiere un atto illecito costituisce un peccato molto piú grave, punito
con un castigo ancora piú duro.
Il furto è una cattiva e ingiusta azione che minaccia l’equilibrio
economico della società. È evidente che la prima cosa necessaria
alla vita dell’uomo è costituita dai suoi beni, dai suoi averi
che egli si è guadagnato a prezzo della sua stessa vita e che protegge,
sfruttando la sicurezza esistente nella società in cui vive, per garantire
con essi la sopravvivenza della società.
Usurpare i beni altrui significa vanificare una vita spesa ad acquistarli. Chi
ruba provoca la paralisi della maggior parte delle attività degli individui
della società ed è come se tagliasse le loro mani impedendo loro
di lavorare.
È per questo che l’Islam punisce questo odioso atto, condannato
pure dalla coscienza di chi lo commette, col taglio della mano (quattro dita
della mano destra) del colpevole: “Tagliate la mano del ladro e della
ladra, come punizione per ciò che hanno fatto”[4].
Anche vendere detraendo dal peso è considerato dall’Islam un peccato
maggiore.
Dio l’Eccelso minaccia coloro che si macchiano di questo grave peccato
dicendo: “Guai a coloro che vendono detraendo dal peso...Non sanno
forse che saranno resuscitati in un grande giorno?”[5].
Colui che vende detraendo dal peso, oltre a fare ingiustizia alla gente e a
usurpare i loro beni, perde anche la loro fiducia; di conseguenza, allontana
da sé i propri clienti e provoca insomma la distruzione del proprio capitale.
Dio l’Altissimo nel Corano ha espressamente promesso di punire severamente
coloro che commettono i peccati maggiori.
La religione islamica, oltre a stabilire pene assai severe per punire alcune
di esse, ha anche previsto una pena comune a tutte queste trasgressioni: colui
che commette questi peccati (anche se per una volta sola) perde la propria equità
e viene privato dei vantaggi dei quali gode invece un probo membro della società.
Una tale persona non può cosí ricoprire nessuna delle diverse
cariche del governo islamico e soprattutto quella di guida dei Musulmani. Non
può inoltre guidare la preghiera in congregazione né sarà
valida la sua testimonianza pro o contro chicchessia.
Egli resterà in questo stato fintanto che non si sarà pentito
e non sarà ritornato, dimostrando costante timor di Dio, equo.