Il lavoro costituisce la base sulla quale si fonda l’universo ed è 
  il solo garante della sopravvivenza delle creature. Dio l’Altissimo ha 
  dotato ciascuna delle Sue creature di adeguati mezzi, mediante i quali esse 
  possono trarre profitto ed evitare i danni.
  L’uomo, che è la piú stupefacente e complessa specie dell’universo, 
  ha maggiori necessità rispetto alle altre creature. È per questo 
  che gli occorre una maggiore attività per potere da un lato soddisfare 
  le sue numerose esigenze e dall’altro mantenere la famiglia che deve per 
  natura formare.
  È questo il motivo per il quale l’Islam, religione naturale e sociale, 
  considera il lavoro come uno dei doveri dell’essere umano. A tal proposito 
  il sommo Profeta dice: “È dovere di ogni Musulmano, uomo 
  o donna che sia, lavorare per conseguire beni leciti con i quali sostentarsi”[1]. 
  
  Per la religione islamica gli oziosi sono uomini privi di valore. Quando il 
  nobile Profeta vedeva un uomo la cui forza e la cui potenza lo stupivano, chiedeva: 
  “Lavora quell’uomo”. Se gli veniva risposto di no, diceva: 
  “Ha perso la mia stima”[2] . Ciò 
  mostra come agli occhi del Profeta il giovane ozioso sia privo di valore.
  Secondo l’Islam ogni individuo deve, in base alle proprie inclinazioni 
  e al proprio talento, scegliere uno dei numerosi mestieri o delle molte arti 
  verso le quali Dio ha guidato il suo pensiero e, in tal modo, guadagnarsi da 
  vivere, farsi carico di uno dei fardelli della società e lavorare per 
  il benessere della gente.
  Dice Dio l’Eccelso: “L’uomo può ottenere qualcosa 
  solo lavorando e dandosi da fare”[3]. 
  
  Insomma, la religione islamica ha fatto le massime raccomandazioni riguardo 
  al lavoro e allo sforzo compiuto per guadagnarsi da vivere, al punto che l’imam 
  Assàdig, rivolgendosi a Hishàm, uno dei suoi compagni, disse: 
  “In istato di guerra, quando le schiere nemiche ti sono di fronte 
  e la battaglia infuria, tu non abbandonare i tuoi doveri economici, le attività 
  necessarie per assicurarti di che vivere e prosegui nei tuoi sforzi economici”[4]. 
  
  È per questo che nell’Islam è severamente vietato passare 
  il proprio tempo nell’ozio.
Da quanto è stato poc’anzi detto diviene evidente che il lavoro 
  è un perfetto mezzo che Dio ha messo a disposizione dell’uomo affinché 
  egli possa, servendosi di esso, avere una vita felice. Naturalmente ogni deviazione, 
  persino la piú piccola, dalla via tracciata dal Creatore non potrà 
  che risultare a detrimento dell’uomo.
  Cosí, la deviazione relativa al principio sul quale si poggia la vita 
  dell’uomo non avrà come risultato che l’infelicità 
  di questo mondo e dell’Aldilà. È per questo motivo che il 
  settimo Imam afferma: “Nel compiere i lavori non dimostrare pigrizia 
  e fiacchezza, se no perderai questo mondo e quello dell’Aldilà”.
  Il sommo Profeta ha maledetto coloro che abituandosi a oziare gettano il peso 
  della loro vita sulle spalle degli altri.
  Oggigiorno, attraverso una serie di considerazioni di carattere psicologico 
  e sociale, si è reso evidente che la maggior parte dei mali della società 
  proviene dall’ozio. È questo devastante vizio che arresta gli ingranaggi 
  economici e culturali della società e provoca la diffusione di ogni genere 
  di immoralità e superstizione.
Vivere in modo dipendente vuol dire vivere facendo affidamento sull’appoggio 
  e il sostegno degli altri. Ciò significa in realtà perdere la 
  propria dignità umana e l’onore d’esser indipendenti e liberi.
  Questo vile modo di vivere è la fonte di ogni sorta di crimine e male 
  sociale che originano dall’abiezione e dalla bassezza. Colui che si attende 
  tutto dagli altri in realtà vende a vil prezzo la sua volontà 
  e la sua intelligenza; egli deve adulare, deve fare tutto ciò che gli 
  altri vogliono (giusto o sbagliato, decente o indecente che sia). Egli deve 
  subire ogni onta, divenire xenofilo e assentire a ogni ingiustizia, a ogni atto 
  illecito. Deve insomma ignorare ogni principio umano.
  Per concludere ricordiamo che la religione islamica vieta il mendicare nei casi 
  in cui non vi sia assoluta necessità di farlo. Inoltre, gli appoggi materiali 
  concessi ai poveri riguardano solo gli indigenti il cui salario non sia sufficiente 
  a soddisfare le loro esigenze o che non siano in grado di lavorare.
L’agricoltura, che fornisce generi alimentari alla società, è, 
  per la sua importanza, una delle professioni umane piú amate. È 
  per questo motivo che l’Islam raccomanda calorosamente agli uomini di 
  abbracciare questa professione.
  Il sesto Imam disse: “Nel Giorno del Giudizio il grado degli agricoltori 
  sarà il piú alto”. Il quinto Imam affermò: “Nessun 
  lavoro è meglio e di maggiore utilità pubblica dell’agricoltura, 
  poiché tutti, i buoni e i cattivi, i ruminanti e gli uccelli, ne traggono 
  profitto e tutti, nel cuore, pregano per lui”.
  Il sommo Profeta disse: “Il Musulmano che pianta un albero o che 
  fa verdeggiare una coltivazione affinché la gente, gli uccelli e gli 
  animali da pascolo si nutrano dei frutti di tale pianta o di tale coltivazione, 
  compie un atto la cui ricompensa è pari a quella dell’elemosina”.
  In generale, i Musulmani hanno il dovere di sfruttare al massimo le risorse 
  naturali; a tal proposito, uno degli Imam giunge persino ad affermare: “Se 
  arriva l’ora della fine del mondo e dello sconvolgimento del sistema solare 
  e uno di voi, nel mentre, ha tra le mani un virgulto, qualora non rimanga che 
  il tempo strettamente necessario per piantarlo, deve piantarlo”[5] 
  . Questa tradizione vuole dire che questo atto è cosí nobile e 
  importante che nemmeno il pensiero della fine del mondo deve impedirci di eseguirlo.
  L’imam Alí disse: “Che la maledizione di Dio sia 
  su colui che dispone di terra e acqua (vale a dire di risorse naturali) e non 
  impiega le proprie forze per sfruttarle, vivendo nell’indigenza e nella 
  mendicità”[6].