L’IMAMATO (AL’IMAAMAH)

Un’organizzazione statale che viene istituita in un paese e che ha il compito di amministrare gli affari pubblici della gente, non funziona in modo automatico. Finché un gruppo di persone esperte e competenti non s’impegnano a mantenere e dirigere quest’organo statale, esso non potrà funzionare e servire la gente.
Lo stesso avviene per tutti gli altri enti che vengono creati nelle diverse società umane, come gli istituti culturali e i vari enti economici esistenti. Tali organismi non possono assolutamente fare a meno del supporto di dirigenti onesti e competenti; senza di essi sono destinati in breve tempo a fallire e chiudere. Questa è un’evidente verità che è attestata da numerose concrete prove.
Senza dubbio tale discorso vale anche per l’istituzione religiosa islamica, che può essere considerata la piú vasta mai esistita al mondo. Essa per continuare a esistere e a funzionare ha bisogno di chi la protegga e la diriga; ha continuamente bisogno di persone competenti che con assoluta cura e negligenza trasmettano alla gente il suo sapere e le sue leggi ed eseguano nella società islamica i suoi precisi precetti.
La gestione degli affari materiali e spirituali della società islamica viene da noi chiamata “imamàto” e la persona incaricata di questa gestione e guida viene invece detta “imàm”.
Secondo gli Sciiti è indispensabile che dopo la morte del sommo Profeta venga designato da parte di Dio l’Altissimo un imam per la gente, che conservi e custodisca il sapere religioso e i precetti dell’Islam e guidi gli uomini sul retto sentiero.
Chiunque affronti da vero ricercatore lo studio del sapere islamico e sia dotato di giustizia nel giudicare, non avrà alcuna difficoltà a riconoscere l’imamato come uno degli incontestabili princípi della sacra religione islamica. Questo concetto è stato espressamente menzionato da Dio l’Altissimo nei versetti coranici.
Come abbiamo dimostrato nel capitolo dedicato alla profezia, l’attenzione che il Signore dell’Universo ha nei confronti del creato, implica che Egli guidi ogni Sua creatura verso il raggiungimento della propria perfezione.
Cosí un albero fruttifero viene guidato a crescere, a svilupparsi, a gemmare e a produrre frutti. La sua evoluzione differisce da quella di un uccello che persegue il suo fine specifico.
È la stessa cosa per ogni altra creatura: essa trova una via tracciata a sua misura e viene guidata su di essa fino a che non raggiunge la propria meta. È evidente che l’essere umano, in quanto creatura di Dio, non sfugge a questa legge.
Abbiamo inoltre spiegato che siccome la beatitudine dell’uomo viene ottenuta attraverso l’arbitrio e la volontà, la guida destinata da Dio all’essere umano dovrà realizzarsi attraverso l’invio delle religioni per mezzo di profeti incaricati di diffonderle e predicarle, affinché l’uomo non abbia piú alcun pretesto per giustificare, dinanzi a Dio, il suo errato comportamento. A tal proposito il Corano dice: “(Abbiamo mandato) degli inviati, nunzi di buone novelle e ammonitori, affinché la gente, dopo di essi, non avesse piú alcuna scusa di fronte a Dio”1.
Questo versetto ci fa comprendere che lo stesso motivo che rende necessario l’invio dei profeti e l’invito alla religione, rende necessario che il sommo Profeta, che, mercé la sua infallibilità, custodiva l’Islam e guidava la gente sul retto sentiero, dopo la sua morte venga sostituito da Dio con una persona che, all’infuori del poter ricevere l’ispirazione divina e del possedere una missione profetica, possieda il suo stesso grado di perfezione, affinché possa come lui custodire il sapere e i precetti della religione islamica e guidare gli uomini sul retto sentiero.
Senza tale guida il programma di guida universale verrebbe scombinato e l’uomo avrebbe delle scusanti per giustificare le sue colpe.
Nello stesso modo in cui l’intelletto, a causa della sua fallibilità, non è in grado di fare in modo che la gente possa fare a meno del profeta, la presenza dei sapienti religiosi nel mondo islamico e le loro attività di divulgazione della religione non ha il potere di far sí che la gente possa fare a meno dell’imam.
Da ciò che è stato detto in precedenza, risulta infatti chiaro che non si discute sul fatto che la gente segua o no la religione, bensí il discorso è che la religione di Dio giunga alla gente intatta, come Dio l’ha rivelata, senza subire la minima alterazione.
È evidente che i sapienti Musulmani, per quanto timorati di Dio e probi siano, non sono immuni dall’errore e dal peccato; non si può quindi escludere che essi, anche se in modo involontario, distruggano oppure alterino alcune delle conoscenze e delle leggi islamiche. Ciò che meglio dimostra questo concetto sono le diverse sette, le varie scuole e le numerose divergenze sorte in seno all’Islam.
Concludiamo perciò che è sempre necessario che esista un imam presso il quale rimangano custodite le autentiche leggi e le esatte conoscenze della religione islamica e della cui guida possano usufruire gli uomini, allorché abbiano raggiunto un adeguato grado di maturità spirituale.

[1]Corano IV: 165.